 |

BORGHESIA
Classe sociale formata da imprenditori, commercianti,
professionisti, lavoratori dipendenti non manuali. Già al culmine
della potenza di Atene e Roma (ordine equestre) si formarono gruppi di
speculatori e imprenditori, ma il ricorso al lavoro schiavistico ne impedì
lo sviluppo.
CETI URBANI E INTRAPRENDENZA. La storia della borghesia come classe
sociale autenticamente rivoluzionaria ebbe inizio soltanto dopo il Mille
nelle città (Burg, borgo) europee, dove le esigenze degli
scambi fecero specializzare gruppi di mercanti e artigiani attorno ai
castelli feudali o ai porti, soprattutto in Italia, nella Champagne, in
Borgogna, nelle Fiandre e lungo i grandi fiumi tedeschi. Essi presero
presto a organizzarsi per ottenere e difendere diritti e privilegi sia
sul piano professionale e sindacale sia su quello politico-istituzionale
(XII-XIV secolo: arti), di volta in volta
alleandosi e scontrandosi con parti dell'aristocrazia feudale ed ecclesiastica
(comune) e favorendo, fra XIII e XV secolo,
un vivace processo di rinnovamento e di stimolo alla ricerca artistica
e scientifica (umanesimo). La loro ascesa
favorì l'inurbamento di molti servi rurali e la loro liberazione
dai vincoli feudali per sottoporsi al lavoro nelle iniziative borghesi.
Nei nascenti stati nazionali, ma anche nelle signorie italiane, la tendenza,
spontanea o obbligata, dei nobili ad accentrarsi alla corte del sovrano
provocò la creazione di una borghesia agraria cui veniva delegata
l'amministrazione dei fondi e che ben presto poté acquistare terreni
e feudi. La grande borghesia si specializzava nella gestione del
denaro come merce: già in epoca medievale grandi banche italiane
e tedesche erano in grado di condizionare la politica dei sovrani. Tale
ruolo si accrebbe con le grandi scoperte geografiche e la formazione degli
imperi coloniali (XVI-XVIII secolo), moltiplicando le funzioni professionali
e suddividendo la stessa borghesia in nuovi strati di diverso peso economico
e sociale, anche in contrasto fra loro. Probabilmente stimolata anche
dalla Riforma protestante, emerse una borghesia sempre più intraprendente,
tesa al pieno controllo delle forze produttive. Essa assurse in ciascun
paese europeo a sostegno dell'esigenza di un forte stato nazionale, organizzato
e potente, in grado di competere militarmente con le altre potenze sulla
scena delle immense risorse offerte dalle colonie (mercantilismo), per
le quali si scatenarono grandi conflitti. Quindi si alleò di fatto
con le monarchie assolute per circoscrivere e reprimere i particolarismi
locali e feudali e per riformare ovunque leggi e ordinamenti in senso
più agile, equo e razionale (assolutismo).
CAPITALISMO E CETI MEDI. L'opera di liberazione dei produttori
dai mille vincoli dell'ancien régime valorizzò sempre
più l'attività umana creatrice di ricchezza (il lavoro),
il denaro come misuratore, e quindi equivalente, della stessa ricchezza
e il tempo come misuratore del lavoro. Dalla combinazione sempre
più consapevole e razionale di questi fattori con la proprietà,
supremo valore borghese, si sviluppò il tipo finora più
elevato di attività borghese: il capitalismo, che provocò
una straordinaria accelerazione delle forme di sfruttamento delle energie
umane e della natura (rivoluzione industriale). Al dispiegamento delle
potenzialità insite nel nuovo modo di concepire il rapporto tra
gli esseri umani si opponeva ormai lo stesso dispotismo monarchico. Per
questo, dapprima in Inghilterra (Glorious Revolution) e poi con la Rivoluzione
francese, la borghesia strinse occasionali alleanze con i ceti aristocratici
e particolaristici, ma una volta liberatasi dall'assolutismo liquidò
i residui poteri aristocratici e corporativi e suoi esponenti assunsero
direttamente la responsabilità del potere. Pur scimmiottando nelle
forme esteriori la pompa aristocratica (impero napoleonico e Secondo impero),
nel XIX secolo, per garantire la completa liberazione della forza lavoro,
il trionfo della proprietà e una nuova gerarchia di valori sociali
e politici svincolata dai diritti di nascita, promosse l'avvento di sistemi
costituzionali e giuridici che favorivano nuove forme di convivenza civile
fondate sull'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e sulla
garanzia delle libertà fondamentali. Questo processo, che promuoveva
anche la libera concorrenza, portò da un lato alla creazione
di una nuova classe sociale, il proletariato industriale (altrettanto
interessato allo sviluppo della democrazia), e dall'altro alla radicalizzazione
degli interessi delle singole borghesie nazionali. Mentre quindi con le
rivoluzioni dell'Ottocento e con la prima guerra mondiale sorgevano nuovi
stati nazionali, l'imperialismo conculcava i popoli e le civiltà
degli altri continenti e aggravava i contrasti fra le grandi potenze.
Nel frattempo, o per forza propulsiva propria o per imitazione e stimolo
degli europei, anche le grandi civiltà asiatiche venivano sviluppando
propri ceti mercantili, come i compradores in Cina o i mercanti
dei porti giapponesi. Intanto la differenziazione di funzioni sociali
e professionali sempre più minute indotta dallo sviluppo del capitalismo
dava vita a nuove stratificazioni, anche con diversificazione degli interessi.
La piccola borghesia provinciale, bigotta e conformista dell'Ottocento
assunse poi il carattere di un generico ceto medio che, distinto
da un lato dalla grande borghesia imprenditoriale e dall'altro
dal proletariato (l'una e l'altro in via di ridimensionamento), raggruppò,
oltre alla piccola e media proprietà coltivatrice delle campagne,
gli eserciti crescenti di lavoratori urbani con funzioni dirigenziali,
impiegatizie, artigianali, commerciali, professionali, intellettuali.
Questo ceto medio ha per lo più espresso nel Novecento le elite
che si sono contese la direzione politica di ciascun paese anche quando
ormai, dopo la prima guerra mondiale e la rivoluzione d'ottobre, la lotta
per il potere non poteva più prescindere dal consenso delle grandi
masse urbane e contadine. Le stesse grandi imprese sempre più di
rado, specie se multinazionali, erano gestite dal capitalista proprietario,
ma, divenute società per azioni, venivano dirette da un
ceto manageriale non coincidente con la proprietà. Nei paesi sottoposti
alla dominazione coloniale ma di antica civiltà, queste elite,
quasi sempre educate in occidente, guidarono le lotte di indipendenza
nazionale. Nei paesi ad avanzato sviluppo economico il ceto medio in tutte
le sue varianti determinò un'uniformazione degli stili di vita,
dei comportamenti e dei valori dell'intera società, imponendoli
anche alle moltitudini di ogni continente.
G. Petrillo

B. Groethuysen, Origini dello spirito borghese in Francia, Einaudi,
Torino 1949; A.M. Nada Patrone, L'ascesa della borghesia nell'Italia
comunale, Loescher, Torino 1974; Borghesie europee dell'Ottocento,
a c. di J. Kocka, Marsilio, Padova 1989; L. Gall, La borghesia tedesca,
Rizzoli, Milano 1992.
|
 |